Un giorno, in una placida cittadina, vivevo io con la mia nonnina. Mi chiamavo Nicoletta e mia nonna Jolanda. La nonna faceva l’orto e io studiavo animali in un boschetto.
Ogni giorno andavo a raccogliere funghi, però una sera prima di tornare a casa sentii un rumore, corsi a perdifiato nella fitta vegetazione e il verso si fece più forte finché trovai in mezzo all’erba un daino piccolo, ferito gravemente.
La creatura si alzò affannosamente e galoppò lenta verso di me, poi si sedette e mi fissò con i suoi occhi castani, poi mi mangiò tutti i funghi che avevo raccolto e messo nel piccolo cestino di vimini. All’apparenza non sembrava aggressivo anzi, era talmente bello che, se avessi potuto, l’avrei accarezzato. Aveva due corna di un marroncino limpido, due occhi languidi e castani era la creatura più bella dell’universo, mai visto niente di simile. Legai dolcemente l’animale e lo misi su un carretto. Lui scalciava a più non posso ma i suoi tentativi erano vani.
Quando la nonna mi vide con quel carico esageratamente pesante, mi sgridò e mi disse che poteva venirmi male alla schiena. Io logicamente la tranquillizzai con segni e gesti che non si capiva nemmeno il significato, poi slegai il daino che camminò verso casa mia. La porta era aperta e galoppò dentro. Io corsi, lo portai nella stalla dove lì stava solo un cagnolino a oziare tranquillo, gli diedi cure necessarie e li lo lasciai.
Dopo qualche settimana diventò grande e ancora più bello che da piccolo, quando mi vide capì, ero io la persona che lo salvò dai bracconieri e gli diede una nuova vita.
Adesso era un componente della famiglia e in più un caro e affidabilissimo amico, il peggio era che diventò amico del cane e purtroppo molte volte lo trovavo a oziare saporitamente avvolto dai peschi in fiore.
Nicoletta Bolzani